Gente senza onore

17.07.2012 18:19

 

C'è una storia tutta italiana che val la pena di commentare e che mi tortura l'anima da un po' di tempo. All'inizio pensavo fosse la storia di quel tanghero mezza cartuccia di Marchionne, a me sommamente antipatico come uomo e come figura. Poi -pensandoci bene e parlandone con altre persone- mi son reso conto che è inutile e fuorviante prendersela solo con gli esecutori, dimenticando i mandanti. L'antipatia verso questo M. mi deriva dal suo muoversi come un "padrone delle ferriere" pragmatico e sprezzante che non sembra tenere conto che le sue azioni -anche un po' portate con ostentazione del potere- ricadono sulle persone e non solo sui bilanci dell'azienda. E poi, mi dicevo, non è certo un genio come Amministratore Delegato viste le clamorose perdite nelle vendite delle auto Fiat, che come unica trovata "originale" non ha saputo far di meglio che andare negli States a comprare la Chrysler, fare dei cloni di alcuni modelli e trasferirli in Italia coi marchi Fiat e Lancia. Questa mossa ricorda un po' il Berlusconi dei tempi d'oro che, quando la Fiat Stilo non vendeva, diceva (cito a memoria):  "Io riuscirei a venderla, basta scrivere dietro Ferrari invece che Fiat e va via come il pane". Ma, come dicevo, lui è il front-man, l'esecutore di una politica aziendale che non può non essere decisa dagli azionisti di maggioranza della Fiat che, a quanto intendo, corrispondono sempre  alla famiglia Agnelli con addentellati e discendenti vari. Ma andiamo al sostanziale: Fiat è stato e forse è ancora il più importante gruppo industriale e finanziario italiano, un marchio che si intrecciava con la stessa identità nazionale da quando nel 1899 venne fondato da un gruppo di aristocratici, possidenti, professionisti torinesi che co-optarono per ultimo proprio quel Giovanni Agnelli capostipite della nota famiglia, che divenne poi il padrone quasi esclusivo dell'industria. Bisogna dunque dare onore al merito imprenditoriale degli inizi, ma anche ricordare che quasi subito gli intrecci con la politica divennero un modus operandi visto che quel Agnelli divenne senatore durante il fascismo e fu solo l'inizio degli Agnelli senatori. In secondo luogo credo sia riconosciuto da chiunque che la Fiat ha rappresentato un chiaro esempio di capitalismo assistito dallo Stato: quante volte abbiamo visto governi italiani inventarsi trucchi e trucchetti per favorire economicamente la "Real Casa" automobilistica, o pagare fior di quattrini la cassa integrazione dei dipendenti per aiutare quell'industria che allo Stato non ha mai restituito nulla se non nei termini -molto indiretti- di mantenimento di certi livelli occupazionali. Ecco, ora, nel momento del massimo bisogno che l'Italia come nazione ha dell'aiuto di tutte le sue componenti sociali, i più grandi pionieri ed imprenditori italiani scappano come i topi dalla nave che affonda e con "ardite" invenzioni finanziarie ed imprenditoriali cercano ogni scusa e ogni pressione per cavare quello che ancora si può dalla "rapa" Italia e poi andarsene all'estero con il bottino. Ma del resto si può biasimarli visto che gran parte dei capitalisti italiani ha fatto e sta facendo lo stesso? Che dire di gente come questa se non che è gente senza onore?