Di Pietro è matto?

25.09.2012 11:00

Leggo che gran parte dei commenti su "Il Fatto Quotidiano" relativi all'interrogazione parlamentare di IdV sono contrari e la sottolineano come una sorta di difesa di casta fatta da un potente (Di Pietro) in favore di un altro potente (Sallusti). Non sono d'accordo: prima di tutto non metterei sullo stesso piano le due persone, perchè Di Pietro -riconoscendogli i molti passi falsi ed errori fatti in questi anni- resta il rappresentante di una parte politica che continua a difendere la legalità in Italia e a fare una giusta opposizione a molte delle infamie che la politica dominante propone quotidianamente. In secondo luogo la storia personale di Di Pietro, lo si voglia o meno, è una storia di vicinanza a tutti quegli italiani che negli ultimi 20 anni hanno desiderato e combattuto per una una giustizia più equa, perché la legge sia uguale per tutti. E qui mi si dirà: "Appunto, allora perché difendere un impresentabile come Sallusti, se non perché sono tutti nella stessa casta di intoccabili?". Qui rispondo con il terzo argomento: se non capisco male la proposta di Di Pietro e di IdV è di depenalizzare i reati d'opinione per quanto riguarda la sola pena del carcere e questo mi pare un sacrosanto principio di democrazia. E' nelle dittature che si viene incarcerati per reati d'opinione: oggi questa norma potrebbe salvare dal carcere l'inguardabile Sallusti, ma domani tutti quegli onesti giornalisti e blogger che cercano di contro-informare correttamente e coraggiosamente mettendosi contro i poteri forti. Lo so che pare strano dover salvare un impresentabile per salvaguardare un principio, ma i princìpi sono così, non possono essere selettivi a seconda delle simpatie o delle opinioni espresse, altrimenti sarebbero arbitrio. 

Su questo tema (sempre sul sito de Il Fatto quotidiano) sono intervenuti molti cittadini, quindi dopo alcune ore sono intervenuto anch'io nuovamente.

 

Ho letto con interesse i molti interventi scritti ed ho ripensato al mio intervento di stamane. Colgo in alcuni commenti una rabbia ed un desiderio di vendetta che come "cittadino semplice" condivido e comprendo molto bene. Non ho subito ciò che ha subito per esempio adrian0410, ma credo che ognuno di noi abbia dovuto nella vita mandar giù piccoli e grandi rospi che talvolta sono ancora nella gola dopo molti anni. D'altro canto non cambierei una virgola dei principii che sostenevo stamattina. Dobbiamo decidere da che parte vogliamo andare, quando pensiamo ad un nuovo modello di società vogliamo ribaltare solo gli equilibri di forze o desideriamo cambiare proprio modello? Io vorrei cambiare modello ed in questo modello la rabbia va compresa, ma non necessariamente agita e la vendetta non ha posto. Quindi tutti buoni o buonisti? Ma per nulla al mondo! Volendo usare uno slogan direi: "Né vendetta, né perdono". E quindi cosa? Giustizia, equità, libertà. Ricordiamoci però che "la libertà e difficile e fa soffrire" diceva il verso di una vecchia canzone di Dalla su testo di Roversi, morto pochi giorni fa. Vorrei rammentare per esempio il modello sudafricano di Mandela che, una volta liberato e divenuto Presidente di quel Paese dopo decenni di prigionia personale e di conflitti sociali, trame e delitti impuniti, propose -proprio per affrontare la possibile enorme rabbia sociale che poteva esplodere per i tanti torti subiti da troppe persone per tantissimo tempo- la Commissione Nazionale per la verità e la conciliazione. Tale commissione lavorò per qualche anno e ascoltò tutte le testimonianze di chi aveva subito torti enormi e di chi li aveva commessi (ciò tra l'altro permise di ritrovare molte persone scomparse o almeno le loro spoglie), tutte queste "voci" vennero depositate ad un organo nazionale credibile che non prometteva vendetta, ma almeno il riconoscimento del dolore e delle rabbie e desideri di giustizia di tutti gli attori in campo. Io penso che questo si potrebbe chiamare giustizia, né vendetta, né perdono, riconoscimento. Sul tema consiglio a chi non l'avesse visto il film di R.Polanski "La morte e la fanciulla" (1994).